1. Egli ascese
1. Mio Signore, io ti seguo su in cielo; siccome tu te ne sei andato, il mio cuore ed il mio spirito sono venuti con te. Giammai vi fu trionfo che rassomigliasse a questo. A Betlemme apparisti come un bambino, composto di carne e ossa, come tutti gli uomini. Quella carne che prendesti dalla beata Vergine non esisteva prima che tu l’assumessi: essa fu una nuova creazione delle tue mani. Ed anche la tua anima fu qualche cosa di nuovo, rappresentò una nuova creazione della tua onnipotenza, fatta nel momento in cui germogliasti nel grembo di Maria. Quell’anima e quel corpo di cui ti rivestisti, furono generati da una donna. E qui sta il trionfo: la terra salì al cielo. Io ti scorgo nel tuo viaggio: vedo quella forma umana che fu inchiodata sulla croce, le mani e i piedi trapassati da chiodi, il costato aperto dal colpo di lancia: essi salgono al cielo. E gli angeli sono pieni di giubilo; miriadi di spiriti beati, popolo degli spazi gloriosi, scendono fitti come pioggia ad incontrarti. Il lastrico vivente della dimora di Dio è scisso in due, ed i cherubini con le loro spade fiammeggianti, che formano la colonna del cielo contro gli uomini decaduti, aprono il cammino per il quale tu penetri, avvolto della tua maestà, e seguito dal corteggio dei tuoi santi.
2. O giorno memorabile! Gli apostoli, per quanto prima sentissero ben diversamente, ora che quel giorno è venuto, la pensano così. Quando stava per arrivare lo temevano. Non lo potevano considerare se non sotto l’aspetto d’una grande privazione; ma ora noi leggiamo che se ne tornarono a Gerusalemme «ripieni di gioia grande». E il giorno del trionfo. Essi se n’accorgono solo ora; si accorgono quanto a torto si lamentassero del loro Signore e Maestro, il capitano glorioso della loro salvezza, il campione invitto, ed il primo frutto dell’umana famiglia. Fu il trionfo dell’uomo redento. Rappresentò il complemento della sua redenzione. Fu l’ultimo atto che chiudeva tutto il dramma, giacché ormai l’uomo è realmente in cielo; è entrato nel possesso della sua eredità. Lassù l’umana famiglia che ha peccato, ha ormai un suo rappresentante, ha la sua carne e il suo sangue nella persona dell’eterno Figlio. Quale unione misteriosa tra il cielo e la terra è mai questa! Cominciò nel dolore; ma ora il lungo travaglio di quel giorno misterioso di preparazione mortale è terminato; è sorto il giorno lucente delle nozze; il giorno del matrimonio e della nascita si sono fusi; l’uomo nacque quando l’Emmanuele salì al cielo.
3. O Emmanuele, Dio con noi, anche noi con la tua grazia speriamo di seguirti su nei cieli. Vogliamo aggrapparci al lembo delle tue vesti, per venire con te, giacché senza di te non possiamo salire. O Emmanuele, quale giorno di gioia per noi, quando potremo entrare in cielo. Oh estasi ineffabile dopo tante tribolazioni! «Tu mi hai preso per la mano destra. Mi guiderai con il tuo consiglio, e poi mi accoglierai nella tua gloria. Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra. Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio; è Dio la mia sorte per sempre» (Sal 73,24ss.).
2. Salì al cielo
1. Il Signore è salito al cielo. Ti adoro, o Figlio di Maria, o Gesù Emmanuele, Dio mio e mio Salvatore. Io mi sento spinto ad adorarti, o mio Salvatore e fratello, perché sei Dio. Ti seguo col pensiero, o primo frutto della nostra stirpe, come spero seguirti un giorno con la tua grazia. Andare in cielo equivale ad andare a Dio. Qui c’è Dio e solo Dio: poiché qui non c’è che felicità, e non può esser felice che colui il quale si immerge, si nasconde e viene assorbito nella gloria della natura divina. Tutte le sante creature non sono che riflessi dell’Altissimo, che egli ha per sempre assunte, e che entrano nella sfera della sua luce increata. Sulla terra ci sono molte cose, ognuna delle quali fa capo a se stessa; ma in cielo non si fa che un nome, e questo nome è quello di Dio. Ciò costituisce la vera vita soprannaturale; e se sulla terra voglio vivere una vita soprannaturale, e conquistare la vita divina che è in cielo, devo fare una cosa sola: vivere quaggiù nel pensiero di Dio. O Dio, insegnami a far questo; dammi la grazia necessaria a metterlo in pratica; ad avere la mia ragione, i miei affetti, le mie intenzioni, i miei propositi, tutti posseduti dal tuo amore, e immersi nella sola visione di te.
2. Lassù non c’è che un nome ed un pensiero, quaggiù ci sono molti pensieri. Questa è la vita della terra che si conclude con la morte: seguire gli innumerevoli oggetti, scopi, fatiche, piaceri, che gli uomini perseguono sulla terra. Anche i beni di quaggiù non portano al cielo; maneggiandoli si guastano, usandone vengono a mancare; sono privi di sostegno, di integrità, di consistenza. Prima di venire a mancare, vanno a finire nel male; vanno a finire male, prima di aver incominciato ad esser buoni. Nella migliore delle ipotesi, quando non siano qualche cosa di peggio, non sono che vanità. Generalmente in essi sta il germe del peccato. Mio Dio, io riconosco tutto questo. Mio Signore Gesù, confesso e riconosco che tu solo sei la verità, la bellezza, la bontà; tu solo puoi farmi contento e glorioso, ed ascrivermi alla tua sequela. Tu sei la Via, la Verità e la Vita, e nessuno può esserlo all’infuori di te. La terra non potrà mai condurmi al cielo. Solo tu sei la via, solo tu.
3. Mio Dio, posso io restare incerto anche solo un istante sulla via che devo seguire? Esiterò forse un solo momento a prendere te per mia porzione? «A chi andrò? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). Tu venisti quaggiù per fare per me ciò che nessun altro poteva fare. Nessuno può portarmi al cielo all’infuori di colui che è in cielo. Che forza possiedo io per dar la scalata alle più alte montagne? Dopo che avrò servito fedelmente il mondo, dopo che a suo riguardo avrò adempito tutto il mio dovere, come dicono gli uomini, che cosa potrà fare il mondo per me, per quanto ci si provi con tutto lo zelo? Supponiamo pure che io adempia gli obblighi del posto che occupo, che faccia del bene ai miei seguaci, che goda buon nome e riputazione di saggio; supponiamo pure che faccia azioni grandiose, e sia molto in voga, supponiamo che il mio nome passi lodato alla storia; in qual modo tutto questo mi porterà al cielo? Io, quindi, scelgo te per mia unica porzione, perché tu vivi senza mai morire. Rifiuto ogni idolo e mi dedico tutto a te. Ti supplico di ammaestrarmi, di guidarmi, di rendermi atto a fare quanto devo fare, di attirarmi a te.
Testo: John Henry Newman, Meditazioni e Preghiere, a cura di Velocci G. Jaca Book Milano 2002, pp. 87-90.