Ora vi chiedo di considerare che quel volto, colpito senza pietà, era il volto di Dio stesso, con la fronte insanguinata per le spine, il santo corpo, esposto alla vista e lacerato dal flagello, le mani inchiodate alla croce e, poi, il fianco trafitto dalla lancia; erano il sangue, e la carne santa, e le mani, e le tempie, e il fianco e i piedi di Dio stesso quelli che la moltitudine impazzita guardava. È un pensiero tanto tremendo che, quando la mente lo penetra a fondo, è certamente difficile pensare ad altro. Dobbiamo dunque pregare Dio che ci dia luce e forza affinché lo intendiamo rettamente e non soccombiamo sotto il suo peso.
Considerando allora che lo stesso Dio onnipotente, il Figlio, era l’Uomo dei dolori, capiremo meglio di quanto non abbiamo fatto finora la descrizione che di lui ci danno gli evangelisti. Comprenderemo il significato di tutto il suo comportamento, il suo silenzio, le parole che scelse quando parlò e lo sgomento di Pilato davanti a lui.
Sì, noi tutti, nel bene o nel male, vedremo un giorno quel volto santo che i malvagi colpirono e disonorarono; vedremo quelle mani che furono inchiodate alla croce; vedremo quel fianco trafitto. Vedremo tutto questo, e sarà la visione del Dio vivente.
Se il mistero della croce e della passione di Cristo è tanto sublime, possiamo a ragione supporre, come ho detto, che ne derivi qualcosa di grande. Le sofferenze e la morte del Verbo incarnato non svaniranno come un sogno. Non possono essere un semplice martirio, una semplice manifestazione, una figura o qualcosa del genere; devono avere un potere in se stesse. Possiamo esserne sicuri, anche se nulla ci è stato detto circa il risultato. Ma anche quel risultato ci è stato rivelato ed è questo: la nostra riconciliazione con Dio, l’espiazione dei nostri peccati e la nostra nuova creazione nella santità.
dal sermone: The Incarnate Son, a Sufferer and Sacrifice, PPS, VI, pp. 74.76-77, 1 aprile 1836